La legge e l’illegalità

Una conseguenza della scelta di produrre grani antichi in Italia è che nessuno ti vende il seme. Per legge, è vietato. E’ consentita solo la vendita di seme che siano registrato al “Registro nazionale delle varietà agrarie”. In questo registro ogni varietà deve avere determinate caratteristiche definite e stabili nel tempo (non stiamo ora ad addentrarci in questo complesso mondo di definizioni e burocrazia).
Le varietà antiche di frumento, ma non solo, essendo state “dimenticate” per più di mezzo secolo, hanno perso questi aggiornamenti burocratici e quindi non possono essere vendute.
La ratio di questo principio è anche condivisibile: vuole evitare frodi e tutelare compratori, venditori e consumatori.

Questa ratio però ha costretto all’ ”illegalità” un intero settore agricolo, che si basa su queste varietà non registrate. Il punto non è che non esistono, ma semplicemente perché non sono state registrate e or se ne son perse le linee pure. Si tratta quindi semplicemente di un buco normativo e di una mancnaza burocratica.

I detrattori delle varietà antiche le considerano quasi inesistenti e gridano, un giorno sì e uno pure, alla “frode alimentare”, solo perchè si chiama Frassineto una specie che non ha un corrispettivo descritto e registrato al suddetto registro. Ma quella spiga se anche non fosse Frassineto, esiste o no? Ha proprietà interessanti o no? E’ qui che il dibattito si squaglia.

Chi le ama e ne riconosce le qualità le vuole proteggere dall’estinzione.
 Ci sono anche visionari dei grani antichi che sarebbero pronti a riconoscer loro ogni virtù, anche quelle inesistenti. Come sempre in media stat virtus, come dicevan i latini (La verità è nel mezzo).

Chiariamo un punto importante: non si entra nell’illegalità se non le si vende. E’ legale scambiarle in “modica quantità”, normalmente max 30 kg.

Questo buco normativo ostacola chi vuole mettere in piedi un progetto con queste granaglie, perché deve passare diversi anni a prodursi il seme prima di poter ottenere della farina in quantità sufficienti a generare un guadagno.

Trasformare i problemi in opportunità: produciamo il seme.

Questa ristrettezza però genera una grande opportunità: invece di essere costretti a spendere molti molti soldi per acquistare ogni anno un seme brevettato da qualche multinazionale, il contadino può riappropriarsi del suo ruolo che ha avuto per millenni: quello di essere selezionatore e produttore del seme che gli interessa coltivare. 
Il contadino ne è anche custode, perché ogni anno ne rinnova la vitalità e fa sì che si adattino gradualmente all’ambiente che cambia.
Applicandosi in questo modo, si riappropria anche di tutto il sapere proprio del suo mestiere, si riappropria della responsabilità delle sue scelte, della sua intuizione e del suo merito.

Il ruolo dell’agricoltore

Nel momento in cui si sceglie di coltivare varietà moderne di frumento, questo ruolo viene negato, riducendolo il “moderno imprenditore agricolo” ad un mero esecutore di protocolli di coltivazione dettati dal laboratorio che il seme lo ha creato e ne ha predisposto tutti i trattamenti e le cure. L’imprenditore perde così ogni competenza, ogni responsabilità e ogni merito. Perdendo infine, l’anima del proprio lavoro.

I progetti di partecipazione contadina prevedono che siano i contadini a selezionare a mano le caratteristiche che devono avere le piante che coltivano, nel nostro esempio le spighe. Quindi selezionano, direttamente nel campo, le spighe migliori e le varietà che vogliono ricoltivare, che saranno i semi del futuro.

Anche noi facciamo così: ogni anno selezioniamo le spighe migliori e le riseminiamo per avere sempre il seme migliore per il nostro territorio e per il nostro gusto.

Ultima nota importante: noi non abbiamo deciso di coltivare grani antichi per poter dire che coltiviamo Andriolo e Frassineto o che facciamo il pane con il Verna o il Gentilrosso. A noi i nomi non interessano, potrebbero anche chiamarsi H7-25. A noi interessano le loro qualità nutrizionali, le loro caratteristiche ecologiche e “tecnologiche”. Tant’è che non coltiviamo parcelle in purezza di queste varietà, ma miscugli di questi semi… per essere più precisi POPOLAZIONI dove la mescolanza e la biodiversità sono le protagoniste, non i loro nomi.