Forza della farina bassa, ma tanto gusto e digeribilità

La forza della farina che produciamo è bassa. Non sappiamo esattamente quanto vale il valore W delle nostre farina. W è il valore della forza della farina (che ne misura la resistenza alla lievitazione), è uno dei parametri che restituisce l’Alveografo di Chopin (che nulla c’entra con il compositore) quando misura la maglia glutinica. Gli altri sono il punto di rottura, la tenacità (P) e l’estensibilità (L).

Ci siamo sempre rifiutati di eseguire questo tipo di analisi.

Per prima cosa ci rifiutiamo di inseguire questo mito della W, esploso di recente, come se fosse l’unico parametro da considerare per acquistare una farina.
Ad ingannare i consumatori sono le definizioni che si danno alle farine, associando il termine “alta qualità” alla farina forte e “bassa qualità” a quelle deboli. L’inganno sta nell’omettere il punto di vista che giudica questa “qualità”, cioè quello del panettiere. Al consumatore interessa poco quanta fatica faccia il panettiere per impastare (cioè la forza della farina), mentre dovrebbero interessare aspetti come “la bontà” , la “salubrità” o “la digeribilità“… almeno noi la pensiamo così.

Spesso si guarda troppo alla tecnologia di panificazione e poco alla qualità per il consumatore.

In primo luogo, secondo noi, la farina serve a nutrirsi e non a costruire infrastrutture di amido.
In secondo luogo ci fa un po’ strano, che molte persone si affannino a cercare una farina con un alto W, cioè che contenga molte proteine, quando stanno acquistando un carboidrato. E’ un po’ come cercare una carne che però abbia molte fibre… è un po’ forzato. [PS: La carne non ha fibre].
In terzo luogo, essendo un alimento, ci aspetteremmo che le domande vertessero su questioni tipo “è buona?”, “è sana?”, “è biologica?”… prima di chiedersi “quale sia la forza della farina”.
Poi, certo, alla fine anche di quella si può discutere.
Ecco qui alcune valutazioni qualitative sulla tecnologia delle nostre farine di grani antichi.

Tecnologia: cenni di parametri fisici.

Le nostre farine danno origine a impasti morbidi, ma poco elastici. Questo aspetto tecnico può generare qualche difficoltà nel farli lievitare adeguatamente e li rende inadatti a certe preparazioni, tipo il panettone o il pandoro e certe lievitazioni forti.

Per rendere gli impasti più facilmente lavorabili, e recuperare un po’ di forza della farina, abbiamo quindi deciso di asportare un po’ di crusca. La crusca che togliamo causerebbe un’interruzione della maglia glutinica ancora maggiore e quindi una lavorabilità ancora minore. Partiamo quindi da una farina integrale per ottenere una semi integrale, asportando circa il 15% del chicco.

Asportiamo solo fibre e una parte dei sali minerali, il buono rimane nella farina.

La macinatura a pietra permette a tanti elementi delle parti esterne del chicco, che sarebbero asportate durante la macinatura a cilindri, di entrare a far parte della farina nel momento in cui il chicco viene frantumato.
Questo è un elemento importante.
Nel momento in cui noi togliamo un po’ di crusca, non priviamo la farina di tanti elementi preziosi che stanno nelle parti esterne, perché sono già finiti in mezzo alla farina.
La farina integrale avrebbe quindi solamente un po’ di crusca e un po’ di minerali in più, ma sarebbe molto meno lavorabile.

A nostro parere quindi il miglior compromesso tra nutrienti e lavorabilità è la farina semi integrale.

La farina semi integrale è stata sperimentata con successo per fare pane, grissini, biscotti, pandolci, cracker, crostate e torte.
Ah, dimenticavamo: il valore W della farina semi integrale si colloca in un intevallo tra i 60-80 W.

A proposito di W

La farina Manitoba, varietà di frumento canadese con la più alta concentrazione di proteine nel chicco, riesce a creare un glutine con forza W>350. Serve per fare le pizze che usano i pizzaioli acrobatici, quelli che fanno girare gli impasti sul dito e li lanciano in aria.

Se l’intestino potesse parlare …

Non dimentichiamo che quello che costruiscono il pizzaiolo, il cuoco o il panettiere, deve essere poi digerito dal nostro intestino. Scommettiamo che, se potesse parlare, forse definirebbe “di bassa qualità” le farine con alto valore di W e di “alta qualità” quello che un W basso?

Digeribilità.

Se torniamo al perchè noi coltiviamo grani antichi, scoprirai che per noi è importante la nutrizione. 
Produciamo farina semi integrale perché la crusca più grossolana, che è quella che potrebbe avere più impurità, è anche la più difficile da digerire. Abbiamo quindi pensato al meglio per il tuo intestino. Ecco, anche questo ci ha fatto scegliere di produrre farina semi integrale.

Questa scelta ci penalizza da un punto di vista economico, in quanto asportando parte di crusca perdiamo circa il 15% in peso del prodotto (che già parte da una situazione di rese basse per via della produttività ridotta dei grani antichi), ma nonostante sia penalizzante abbiamo ritenuto giusto sostenere una perdita di peso, pur di farti avere il prodotto migliore che potevamo ottenere.

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